Passa ai contenuti principali



  • Non aspettiamo nessuno, vero Elsa ?
  • No.
A dire il vero Elsa era  perennemente in attesa di qualcuno o, forse meglio, di qualcosa. Il viso, duro e rettangolare era immobile, gli occhi, piccoli e nocciola guizzavano irrequieti verso la linea dell’orizzonte.
  • Elsa, siediti.
  • No.
Elsa e Valter erano sposati da tredici anni, non avevano figli e non avevano voluto sapere chi dei due non poteva averne.
Elsa era una donna  di bilanci, di linee tirate sulla strada della sua vita, di cadute rovinose e ferite leccate a fatica, di  scelte prese nel torpore dei sensi o spinta da slanci scriteriati, e recriminazioni analizzate fino all’ultimo millimetro.
Si era innamorata di Valter a ventisei anni, prima non aveva avuto nessun rapporto serio;  il suo sentimento aveva preso forma nella condivisione di ciò che non piaceva a tutti e due;  quello che detestava lui lo detestava anche lei, questa corrispondenza la affascinava. Puntino dopo puntino, come in un gioco da giornale di  enigmistica, aveva creato il “suo” Valter, attraverso un serie di “non ci piace , noi non lo faremo mai, odiamo quel genere di persone”. Quando però  la vita li aveva portarti a rivelare ciò che gli piaceva erano iniziati gli scontri.
  • Hai preso le medicine ?
Elsa non rispose, c’erano parole che trascinavo irrimediabilmente altre parole, amare e cattive, “medicine” erano una di quelle.



Non so di dire se sono innamorato, o se sono stato innamorato di Elsa. L’ho conosciuta ad un corso di scrittura e per per un paio di mesi ci siamo visti nei posti più disparati per non farci notare dai nostri compaesani. Di sicuro la sua presenza mi riempiva la vita, e questo non è poco, è stata capace di mettere in discussione ogni mia certezza senza ferirmi, con leggerezza. Sono stati due mesi intensi, dopo anni vuoti, passati a rincorrere pensieri logici e meno logici. Elsa è stata la frattura su cui ripartire; forse non è stato amore, ma di sicuro  per me quella donna è stata lo specchio dove potevo riconoscere il mio stupore e  il mio sconcerto verso la vita. Sapevo del suo matrimonio infelice, ma decisi di non manifestarle il mio interesse, non volevo metterla in difficoltà; ero convinto, sostenuto da una zuccherosa supponenza, che non avrebbe retto ad una mia confessione d’amore.  
Avevo ceduto alla tentazione, subdola, di indagare sul marito, avevo scoperto che aveva una pessima reputazione, arido e avido. Passavo la notte ad inventarmi piani per sottrarla alla vita matrimoniale, e la mattina a convincermi che era  un inutile gioco pericoloso che avrebbe distrutto tutti i partecipanti.  I caffè  rubati finirono, in paese eravamo diventati argomento di conversazione, così suo marito lo aveva scoperto e le aveva proibito di vedermi.. L’anno scorso  ci siamo incontrati per caso qualche volta, ma  c’era un non so che di penoso nelle sue parole e  io  di riflesso sfuggivo  ad un qualsiasi discorso personale.
Non la vedo esattamente da dieci mesi..



  • Entra Elsa siediti.
  • No.
Odiava l’insistenza di suo marito.
  • Aspetti i marziani ?
Ancora di più odiava il suo sarcasmo verso tutto ciò che secondo lui non era razionale. Ogni cosa, doveva per forza avere una spiegazione scientifica, ogni persona che non applicava la ragione per affrontare la vita era un fallito. Leggeva, studiava in continuazione. Si era abbonato alla rivista “Science”, e  a “American scientific”, il suo entusiasmo aveva un lato attraente, conturbante, ma nel momento in cui comunicava il suo pensiero  si irrigidiva , era come se avesse bisogno di sentirsi l’unica persona  intelligente al mondo. Sul lavoro questo difetto gli era utile,  era partito dalla gavetta fino a diventare direttore del personale, il suo successo nel mondo degli affari, di sicuro gli aveva fornito  la prova tangibile delle suo doti eccezionali.
Elsa invece era intimamente convinta che la ragione era una gabbia mortale, aveva provato a parlarne con il marito, senza il minimo successo, anzi scatenando in lui un sarcasmo violento e senza limiti.  Che la razionalità fosse un gabbia per il marito era evidente per tutti, ma non per lui, gli eccessi  verbali nell'esporre le sue convinzioni lo avevano allontanato dagli amici, ormai conduceva una vita solitaria e astiosa.
Elsa in tutti i modi aveva provato ad aiutarlo , ma era come modellare il marmo con le mani.



  • Elsa vuoi stare alla finestra fino a domani ?
Valter accese la pipa.



E’ strano, faccio fatica a ricordare il suo viso, ho nella memoria il suo sguardo in equilibrio tra lo sgomento e la dolcezza. Non mi manca, ma vorrei ringraziarla, andarla a trovare a casa sua, quella villa enorme spersa nel nulla, la immagino con gli occhi fissi all’orrizzonte, solida e sfuggente. Le sue parole mi hanno riempito l’anima, aprendola, ci ha soffiato dentro. Non è amore il mio è qualcos’altro, sono sicuro che anche lei non provi niente per me, credo sia alla ricerca del suo equilibro e sul filo della sua vita non c’è posto per nessuno,



  • Fino quando vuoi rimanere alla finestra ? Fino a che ti riporto nell’istituto? Non ha senso tornare a casa per due giorni se non ci diciamo una parola,- Valter si alzò dalla poltrona,. - istituto, chiamiamolo con il suo nome, manicomio.





Commenti

Post popolari in questo blog

seconda parte di tre

Nico si  girò  ad ascoltare lo scrittore, era stanco, aveva trottato per tutto il pomeriggio tra un tavolino e l’altro. - L’assassino mangia il cervello delle sue vittime - lo scrittore aveva una voce forte e profonda - perchè è ossessionato dalle domande irrisolte che, nella sua vita  tormentata , si è fatto sul quella macchina perfetta che abbiamo nella scatola cranica. L’incontro era finito, ci fu un applauso,  il pubblico si alzò in piedi. Partì  la liturgia degli autografi e delle dediche. Le nuvole  si erano  messe davanti al sole e  si era alzato un  vento leggero a rinfrescare l’aria. Nico si guardò  intorno per vedere se c’erano ancora bicchieri, andò verso la riva del lago, appoggiato su un tronco c’era un  flute mezzo pieno, versò per terra lo spumante, si fermò ad osservare due anatre in volo. -  Sai il nome di quel fiore? Si girò, davanti a lui c’era una ragazza con lo sguardo perso. - No, a parte le rose e le margherite non conosco i fiori. - Secondo m

Sala d'aspetto

Un parcheggio! Incredibile. Maurizio trovò un posto proprio davanti alla palazzina dove aveva lo studio il suo medico; in via Veratti alle sei del pomeriggio era più facile trovare cinquanta euro per terra che un parcheggio libero. Mise un paio di euro nel parchimetro incrociando lo sguardo minaccioso di un ausiliario del traffico dai capelli brizzolati. Suonò il citofono, il portone si aprì immediatamente, prese l’ascensore, arrivò alla porta e aprì piano piano, implorando clemenza agli dei. L'ultima volta era scappato, lo studio era stracolmo. Il fatto di aver trovato parcheggio, secondo le sue teorie personali sulla fortuna, diminuiva sensibilmente la possibilità che ci potessero essere poche persone. Aperta la porta esultò con un “e allora!”. Non c'era nessuno. Si sedette felice e tranquillo. Anche il suo problema fisico adesso gli sembrava meno importante. Era andato dal medico perchè ultimamente quando mangiava tendeva a strozzarsi, il cibo si fermava in gola, aveva gua

Il professore

Il dottor Oskar, medico chirurgo, padre di due figli, marito di Marta, presidente del golf club di Lubecca, disse : “ E’ un caso rognoso.”   Helen, segretaria , infermiera, madre di Franziska, senza marito, amante di Oskar, aprì la porta della studio : “Venga professor Bernhard”. Il professore entrò, lo sguardo a vagare nella stanza, il passo spedito seppur caracollante. Dopo aver salutato agitando le braccia posò la borsa di pelle scolorita per terra e si sedette. “ Allora, ho letto la sua lettera”. Disse il dottor Oskar. “Ho delle domande da farle.” “ Prego, ” Rispose il professore. Si guardarono dritti negli occhi. “ Cosa intende per materia callosa?  E’ sicuro che ha assunto lo stato di callosità ? Questo è un termine medico, chi glielo ha suggerito?” Il professore si sentì sfidato, i medici non gli piacevano; lui professore di lettere spesso aveva colto un senso di superiorità nei dottori in medicina. “Sento in prima persona, senza che nessuno me l’abbia sugge