Acidità
Pensavo
che l’invito al matrimonio fosse un segnale di pace, invece
niente, mia cugina mi ha segregato in una saletta cinque metri per
cinque vicino alla porta della cucina; sono seduta con una
decina di persone che non conosco. Pensavo mi mettesse insieme
ai nostri parenti del sud. Tutti gli altri invitati sono nella
sala principale, addobbata con fiori e nastri . Si sentono le urla e
le risa, mentre noi ci guardiamo silenziosi e imbarazzati,
annusandoci come i cani quando si incontrano per strada.
Sono
sempre andata d’accordo con mia cugina, anche se non ci si
frequentava con regolarità. Lei ha fatto il giro del mondo fino ai
ventisei anni, suo padre faceva l’ingegnere per una multinazionale
e lo sbattevano da tutte le parti, poi è tornata in Italia;
quando mio zio è andato in pensione è venuta ad abitare a
trecento metri da casa mia. Ci si fermava a parlare del più e del
meno, con circospezione, spostando l’asticella della confidenza
poco alla volta. ll legame di sangue e il fatto che fosse discreta,
mi faceva dire quelle quattro frasi in più, che spesso invece
tengo per me. Incontro dopo incontro gli argomenti sono aumentati,
libri, viaggi, cinema, evitavamo di parlare di parenti, e
questo mi piaceva; poi lei aveva un cane, un bastardino che mi aveva
preso in simpatia, così mi fermavo volentieri. Era, fino a
poco tempo fa, un rapporto di tiepida benevolenza, senza sbavature,
incomprensioni, insofferenze. E’ l’unica cugina che ho qui al
nord, gli altri sette cugini abitano tutti a Napoli e dintorni.
Io non li vedo da anni, a lei non ho mai chiesto notizie.
Un mese fa è successa una cosa strana, ci siamo viste dal
panettiere e mi ha parlato come se non ci conoscessimo, il
giorno dopo ci siamo incrociate per strada, mi ha salutato di fretta,
mi ha guardato male e ha sveltito il passo. Da quel giorno è andata
avanti così, ha messo un muro, ho anche provato una volta a chiedere
spiegazioni , con cautela, senza insistere, ma non ho avuto risposta;
fino a quando ho trovato l’invito al suo matrimonio nella
cassetta delle lettere. Ho pensato, d’istinto, di farlo a pezzettini
buttarlo via e non pensarci più, non sono il tipo
che vuole andare d’accordo con tutti; da ragazza ero così, ma poi
la vita mi ha riservato un percorso accidentato e mi sono dovuta
preoccupare soprattutto di stare in equilibrio, non ho avuto
tempo per salutare con la manina e sfoderare sorrisi per
apparire simpatica. Ho accettato l’invito, devo ammetterlo, perchè
volevo capire cosa fosse successo tra di noi, pensavo che mi
fosse dovuta una spiegazione. Avevo ripercorso i nostri
discorsi per scoprire se qualcosa l’avesse potuta offendere, ma
niente, non ricordavo nessun battibecco, non c’erano state
discussioni, alla fine uno capisce quando scappa una frase di
troppo. Un giorno l’avevo incontrata con il suo tipo, l’uomo che
oggi ha sposato, e sono stati sorrisi, battute di spirito e
nient’altro. Andrea, così si chiama il suo uomo, l’ho
incontrato anche un’altra volta in una pasticceria del centro , è
stato carino con me, e questa cosa è stata per me un altro piccolo
mattone nel rapporto con mia cugina; era un pezzo della sua vita vita
che si appoggiava sulla mia, almeno per me è era così.
Dopo
la cerimonia sono andata a salutarla, le ho dato un bacio, le ho
fatto i complimenti e lei non mi ha guardato in faccia, si è girata
subito a salutare un ragazzo che aveva teso le braccia verso di lei.
Suo marito è stato più carino, mi ha abbracciato, sorriso e
abbracciato ancora.
Gli
antipasti tardano a venire, ho bevuto un po’ d’acqua e assaggiato
il vino rosso. Nella sala ci sono due tavoli rettangolari, di fronte
ho un cieco, è da solo, non ho visto chi l’ha portato e non ho
idea che rapporti abbia con mia cugina. E’ lui che tira le
fila dei discorsi al nostro tavolo.
Sta
dicendo che con la cecità, sono dieci anni che è cieco, ha acuito
l’udito e il tatto, cerca di spiegare quanto possano essere
penetranti certe sensazioni tattili. Ora passa la sua mano su quella
della vicina seduta alla sua sinistra.
- La pelle mi dà un brivido che arriva nella parte più intima del mio essere, non c’è niente come la pelle, mi ripaga, - sorride, - in un certo senso, chiaro in un certo senso, - sorride, - del fatto che non vedo più i colori.
La
donna che si fa toccare è una bionda nè bella nè brutta, è tinta,
nè grassa nè magra ; sembra stupita, interessata, ma nello
stesso tempo confusa, pronta a intristirsi, di quel tipo
di tristezza che non ti viene voglia di condividere. Non mi piace ,
mi aspetto che prima o poi , senza motivo si metta a piangere per
quel cieco.
Ma c’è così tanta differenza tra una pelle e un'altra ? - chiede la bionda.
Alla
destra del cieco, c’è una signora sui cinquant’anni, ha un
fisico piccolo e nervoso, un viso regolare , capelli a caschetto
rosso chiaro , quasi arancione, gli occhi azzurri piccoli. Ha
un’unica espressione, di gentilezza spiccia, da discount.
- Dicono della seta,- il cieco ha una voce profonda, irritante, sembra ad una recita - ma la seta non è niente, io sento il calore, sento le emozioni della persona trasalire da pori, non è facile da spiegare, sono diventato un sensitivo.
La
bionda si gira verso la sua amica, una donna alta, prosperosa,
con dei capelli neri, pettinati da dama dell’ottocento. Fisso
quella massa di capelli mentre la bionda parla, sembra una
bambolona da mettere sul letto; ci sarebbe da ridere , ma non ho nessuno con cui farlo. La bionda ride. Il cieco sorride, la
nera si sforza, ma non riesce a ridere.
Arrivano
gli antipasti e scattano i “prego , grazie , un po’ di quello ,
basta vino”. L’odore del ristorante non è buono , quando sono
entrata mi è entrata nelle narici una zaffata di brodo, quello delle
mense scolastiche. IL marmo dei pavimenti riesce a essere triste , è
bianco con venature rosa, non ha niente di strano, non mi piace come come non mi
piacciono i quadri appesi alle pareti che raffigurano una serie di
barche da pesca.
Il
cieco si sente trascurato, muove le braccia platealmente.
- Deve avere un bel colore questo prosciutto crudo, è ottimo.- mangia sbattendo la bocca.
Tutti
sorridono, come se il cieco li vedesse.
La
donna sui cinquant’anni mi passa i carciofini e mi chiede.
- Sei un’amica della sposa- esita, guarda nel vuoto, - o dello sposo ?
- Sono la cugina della sposa.
- Sei Lorella ?
- Si.
- Tua cugina mi ha parlato molto di te, mi aveva detto che eri bellissima e aveva ragione. Sìsi, sisi, hai un viso che è una favola.
Il
cieco, quasi vedesse, mi sorride, io scema lo guardo infastidita. Mi
pulisco la bocca con il tovagliolo. Mia cugina mi vede molto bella ,
è la prima volta che realizzo questo pensiero. E’ un periodo
strano questo , niente uomini, niente progetti; nessuno che mi rompe
le scatole, mi manda messaggi, mi aspetta fuori dal lavoro, mi manda
fiori. Non mi sono mai vista bellissima, davanti allo specchio mi
vedo tutti i difetti possibili, anche se me lo seno sentito dire
tante di quelle volte che sono una gran figa che alla fine è diventata per me un
dato di fatto; un’idea che in fondo mi fa piacere.
Facciamo
un gioco dammi la mano. - mi dice il cieco.
Faccio
finta di niente, sto pensando a mia cugina. Non posso rispondere al
cieco con una delle mie espressioni taglienti, la mano a quello non
la voglio dare. Cazzo! Come è difficile parlare con un cieco, non ci
avevo mai pensato, devo dire qualcosa senza essere troppo offensiva.
Le dita del cieco scivolano piano sulla tovaglia verso di me,
delicato e sicuro arriva al mio bicchiere e lo sposta di qualche
centimetro. Sposto indietro la mia mano, sul bordo del tavolo,
lui si ferma, e appoggia il polso sulla tovaglia in cerca
della mia pelle. Io intanto non sono riuscita a dire niente.
- Dai vediamo se indovina , che bello ! - la bionda ride.
Tutti
intorno al tavolo fermano le posate e guardano il cieco,
lui respira con forza, alza la testa e la muove in quel modo
innaturale che può fare solo chi non si riesce a vedersi. Guardo i
suoi capelli neri, con la riga a destra , la pelle bianca,
liscia da ragazzino. Dovrebbe avere una quarantina
d’anni, il naso è infilzato nel viso come una patata,
gli occhiali quadrati con le lenti marroni, le mani bianche grassocce
non mi piacciono, ha dei ciuffetti di peli neri sulle
dita.
Vorrei
andarmene.
Allungo
la mia mano e lui mi accarezza il dorso, passa l’indice e il
medio sul polso, lentamente. Mi stringe con delicatezza, sento
che toccarmi gli fa piacere.
- Hai i capelli scuri, sei un tipo mediterraneo, hai gli occhi scuri, un po’ a mandorla , mah, direi, non sono sicuro, hai la pelle del colore dell’ambra.
Qualcuno
dice bravo , qualcuno ridacchia .
- Devi avere proprio un bel corpo e almeno la terza di seno,- passa le dita sul braccio, - sei alta uno e settanta qualche centimetro di più, forse.
La
bionda fa un urletto e poi dice.
- Ma come fai ?
Il
cieco si gira si avvicina al suo orecchio e quasi sussurrando le dice
che è un segreto.
Ne
approfitto per riprendermi la mano.
Arrivano
i primi, il gioco si interrompe. Sono indispettita dal fatto che ci
abbia preso su tutto. Non mi piace, non capisco come abbia fatto,
forse dovrei essere più indulgente con il cieco, sono troppo acida,
ma c’è sempre qualcosa in queste esibizioni pubbliche che mi
urta i nervi. Arrivano i primi, risotti, troppo acquosi, paste con
sughi troppo rossi e ravioli in brodo. Tutti a lodare i piatti,
io sto in silenzio.
Arrivarono
i secondi , dalla sala principale si sentono cori , canzoncine
stupide e gli ubriachi che ogni dieci minuti gridano “bacio
bacio” e poi aggiungono volgarità. Al mio tavolo si parla, sempre
senza alzare la voce, il cieco interviene in ogni discorso , e tutti
cercano in ogni modo di coinvolgerlo. La sua voce affettata mi da sui
nervi e mi da sui nervi la sua pretesa di attenzione come se avesse
in mano lo scettro della sfortuna e tutto il mondo dovesse girare
intorno a lui, per una legge di compensazione inutile. La bionda ogni
tanto gli prende il braccio come se fosse la sua nuova fidanzata e mi
guarda sfidando il mio sguardo. Lo so, devo avere un’espressione
di insofferenza quando sono a disagio mi scappa
sempre, un’espressione selvaggia e tagliente. Allora taglio
l’arrosto, ne mangio metà, è secco; prendo lo spezzatino al sugo
, ma i pomodori sono troppo acidi e mi irritano il palato.
Si
presenta mia cugina, baci a tutti. prende per le guance il cieco e lo
accarezza.
- Ecco il mio mago, vi ha detto vero che è il mio massaggiatore privato ? - Ha bevuto troppo, urla..- Vi ha detto vero che fa i massaggi ?
Un
coro soffuso di no.
- Dai Alfio , fatti pubblicità non fare il timido , guarda quanti bei clienti hai qui. A proposito , come state nella saletta, è bella tranquilla vero ?- silenzio generale - Mi hai detto che non volevi stare con noi.- guarda Alfio quasi scusandosi - poi hai conosciuto mia cugina , ti ho detto che stavi al tavolo con la più bella di tutte.
La
bionda alza il bicchiere
- Un brindisi alla sposa ! Stai benissimo con questo vestito , brava brava , ti sta da dio.
Tutti
alzano i loro bicchieri. Nessuno dice a mia cugina che è bella, è
impossibile nemmeno nell’abito da sposa. Ha il busto magro le
spalle strette, il sedere grosso , il viso rotondo una naso
all’insù da maialino e i capelli biondo chiaro, radi.
- Tuo marito dov’è non viene a salutarci ?. - dico
- Non lo so è di la - risponde con stizza,- l’hai salutato fuori dalla chiesa, vero?
Cosa
vuol dire che l’ho salutato fuori dalla chiesa ! Detto in quel modo
poi ! Sono una stupida, è gelosa ecco cos’è, anzi
no, è invidiosa. Io che pensavo a chissà
quale causa nascosta dietro al suo cambiamento, pensavo a una mia leggerezza, a una mia mancanza di
attenzione. Sto sempre a scavare labirinti, buche , gallerie, a
cercare significati nascosti da capire. Ho pensieri contorti
avvinghiati a sentimenti contorti. Tutto è più semplice di quanto
immaginassi. Sono una vera stupida !
Più
si avvicinava la data del matrimonio e più parlavamo solo di quello.
Un pomeriggio, mi ricordo, mancavano tre mesi esatti alla data
delle nozze, si era sfogata, era saltata fuori con un discorso
su sua suocera. Mi aveva detto che la “vecchia strega”,
così la chiamava, teneva ancora una foto della ex di Andrea
ben in vista in cucina, la tipa era una bionda alta e magra;
sua suocera “malefica” ne parlava come se da un momento o
l’altro dovesse rientrare nella vita di suo figlio. Mi ricordo che
mi aveva detto “ ti immagini se mentre il prete dice la
solita frase, se qualcuno ha qualcosa da dire lo dica subito etc etc,
si sente un urlo dal fondo della chiesa e la biondona in un
fascio di luce, con il suo metro e mezzo di stacco di coscia entra e
interrompe la cerimonia; voi femmine con le gambe lunghe dovete
sempre tirarvela!”. Io mi ero messa a ridere, trovavo che mia
cugina avesse una buona dose di ironia, ma evidentemente non
era sua intenzione fare ironia. Poi ci fu quella volta del vestito,
l’avevo vista immobile come una statua, per strada,con il cellulare
in mano e lo sguardo perso; mi ero fermata, chiesto come stava, lei
mi aveva detto che era disperata, che aveva provato un milione di abiti da sposa , ma non c’era uno che le stesse bene; mi
aveva detto che non esistono vestiti per donne con il fisico a
pera, e che sarebbe andata in chiesa con i jeans e la felpa. “ Tu
si che non avresti problemi a trovarlo, con quel fisico che
ti ritrovi, porca troia.” Quasi piagnucolava. L’avevo preso come
uno sfogo naturale, la tensione che si ha prima di fare un passo
importante nella vita, Invece la testolina di mia cugina si era
riempita d’invidia Lei non è stupida, tutt’altro, quando
si parla di libri, di arte, cinema, dimostra sempre la sua
intelligenza, ma ho capito che una cosa non esclude l’altra, i
sentimenti più semplici ed elementari sono difficili da controllare,
da gestire, da condividere. E’ difficile confessare le proprie
debolezze, quelle più vere, perchè spesso sono banali;
ci si sente sminuiti davanti agli altri e a se stessi, allora ci si
inventa problemi e tristezze più nobili, meglio ancora se non hanno
una soluzione.
Sono
venuta ad un matrimonio e ho sopportato un cieco egocentrico
per niente. Mi sono fatta un sacco di menate senza motivo. A
mia cugina dà fastidio la mia bellezza e non ci posso fare un
cazzo, non c’è dialogo, non ho parole da dire e non ho nemmeno
compassione per lei, non ci casco più, non sto male per una cosa di
cui non sono responsabile. Io sono responsabile solo delle mie azioni
e mi sono ripromessa, e ho giurato a me stessa di
ricordarmelo sempre.
- Avevi detto ad Alfio che eravamo allo stesso tavolo, vero ? le chiedo..
- Sì e ha voluto sapere come eri, nei minimi particolari, stai attenta che è un mandrillone ! - Ride e gli mette una mano sulla spalla, - Perchè lui sa bene come sono le donne, molto meglio di tanti uomini che ci vedono. - lei risponde.
Il
cieco diventa rosso in viso, alla bionda, seduta di fianco, iniziano
a tremare le mani, sta per mettersi a piangere.
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