L’unico
peccato imperdonabile è non essere felici, chissà perchè gli
era venuta in mente quella frase, l’aveva sentita dire decine di
volte dalla sua professoressa di filosofia del liceo. Farsi
assumere come cameriere su una nave da crociera poteva essere
un’occasione per stimolare la sua voglia di felicità. Si mise a
ridere da solo. La porta a vetri si aprì, Nico entrò nella hall
dell’hotel. Forse l’unico vero peccato è parlare di felicità, e
la sua professoressa di filosofia ne era la prova, aveva i
segni della tristezza stampati sul viso.
Era
in anticipo di un quarto d’ora sull’orario di inizio del
colloquio. Si guardò intorno, vide un foglio bianco
appiccicato ad una parete con la scritta “colloquio bea s.r.l.
secondo piano”, e una freccia nera ad indicare la direzione.
Salì le scale, non ricordava il nome della società, ricordava solo
il nome della nave da crociera, si chiamava Dottor Doolittle.
Raggiunse il secondo piano , trovò un altro foglio bianco sulla
parete, arrivò davanti ad una porta bianca ed entrò. Nella sala
d’attesa c’era una ragazza. Guardò l’orologio ,
mancavano dieci minuti all’inizio dei colloqui, sul sito aveva
letto così: inizio selezioni ore 15 e 30. Gli venne il dubbio che
avesse sbagliato a leggere, come poteva esserci soltanto una
persona! Era sicuro che un posto da cameriere su una nave da
crociera facesse gola a tanti, era un lavoro semplice e ben
pagato; al giorno d’oggi, con la disperazione che c’è in
giro, così tanta che si annusa nell’aria, un posto ben
pagato era una manna dal cielo. Si sedette a tre
sedie di distanza dalla ragazza allungò le gambe e mise le
mani in tasca. Pensò di farle qualche domanda per capire
meglio la situazione, ma non era il tipo che attaccava bottone
facilmente e rimase in silenzio. La ragazza indossava un
tailleur beige e scarpe nere con il tacco, teneva le gambe strette ed
era visibilmente impacciata, dava l’impressione di non aver
mai portato quel tipo di abito. Di sicuro era una ragazza da
blu jeans. Aveva i capelli lisci e castani che le cadevano
sulle spalle, gli occhi color nocciola, il naso, la bocca
e le orecchie erano un filo troppo grandi , ma la rendevano
attraente. Ogni tanto con la mano si allungava di qualche
centimetro la gonna sulle ginocchia e guardava fisso il muro di
fronte a lei dando l’impressione di non guardare niente. Sulle
parete della stanza c’erano delle stampe giapponesi,
orribili. Nico guardò l’orologio, erano le 15 e 30, si fece forza,
diventò rosso, e chiese.
-
Scusami c’è già qualcuno dentro che sta facendo il colloquio?
Avrebbe
voluto chiederle perchè fossero solo in due in quella stanza, ma non
ci riuscì. La ragazza si girò, e gli rispose con quel misto di
familiarità e distacco che si usa nelle sale d’aspetto
-
Sì c’è un signore, è dentro da mezz’ora.
Nico
sfidò a duello la sua vergogna.
-
Strano vero? Strano che siamo solo noi due, dico
siamo pochi vero? Pensavo che...
Ne
uscì dalla sfida con i segni di un rossore imbarazzate sul
viso.
-
Io ero l’ultima, - rispose lei- i colloqui sono iniziati
all’una e mezza, c’era un sacco di gente.
-
All’una e mezza ? Io avevo letto alle tre e mezza, vuoi dire chi mi
sono sbagliato?
La
ragazza non rispose.
-
Amen , l’importante è fare il colloquio, - Nico continuò - spero
di fare in tempo..
La
ragazza accavallò le gambe e incrociò le braccia , rimase due
minuti in quella posizione, poi prese il cellulare e scrisse un
messaggio.
Nico
la osservò mentre con gli occhi seguiva la tastiera, aveva un
abbozzo di sorriso come se stesse ripetendo a memoria una frase
simpatica; poi mise via il cellulare e guardò Nico
-
Mi chiamo Nico.- disse lui.
-
Io mi chiamo Daniela, non vedo l’ora di entrare sono
due settimane che sono senza lavoro, speriamo, ho già fatto sei
colloqui.
Nico
rimase a guardarla fissa negli occhi senza essere invadente,
c’era nel suo sguardo una sorta di candida arrendevolezza.
Sembrava chiedere come quando i bambini iniziano a formulare i primi
perchè.
Daniela
si sentì quasi in dovere di raccontare.
-
Mi hanno licenziata , ho lavorato per due anni in un’azienda
tessile. Guarda è stata un storia assurda , la mia responsabile era
anche un grande amica, uscivamo insieme alla sera, eravamo nella
stessa compagnia da anni, andavamo d’accordissimo , era
un’amica, ma riuscivamo anche a lavorare in sintonia, nonostante
fosse il mio capo. L’azienda ad un certo punto ha
avuto problemi , sapevo che il mio posto non era in discussione. La
mia amica, anzi ex amica, continuava a dirmi di non
preoccuparmi che avrebbe parlato con l’amministratore delegato e
invece un giorno mi sono trovata sulla scrivania la lettera di
licenziamento, - sospirò - pensa ho saputo che l’amministratore
aveva chiesto alla mia amica chi avrebbe dovuto licenziare tra me e
una collega e lei gli aveva fatto il mio nome. La cosa che mi ha
fatto male non è tanto che mi hanno licenziato e che
non ho ancora capito fino in fondo perchè si è comportata così.
Nico
intanto continuava a guardarla in quel modo infantile, e Daniela così
continuò.
-
Un’idea me la sono fatta, credo che sia una questione di gelosia. -
Si fermò indecisa se continuare, poi riprese .- Sarebbe stato
semplice parlarne , avremmo chiarito tutto, credo; ma forse
non era solo quello, forse non era così limpida la sua amicizia.
Nico
rimase in silenzio, pensò a cosa potesse dire. Daniela unì le
gambe, che aveva mosso come se stesse indossando un paio di
pantaloni e mise le dita tra i capelli.
Nico
guardò le stampe giapponesi.
-
Immagino quanto ti sia sentita triste,- disse lui- si
pensa di conoscere una persona, e si scopre che non è così, ti
senti abbandonato, perde di senso anche tutto quello che hai vissuto
con lei.
Daniela
continuò.
-
Poi sai da quando mi hanno licenziato sono successe tante cose
fastidiose. Mia sorella, che si di deve laureare in psicologia, ha
provato a consolarmi, invece di consolarmi ha messo il
frullatore nella ferita - fece un sorrisetto nervoso- ha fatto la
radiografia del mio carattere, almeno lei pensa di averla
fatto, ma ha detto una serie di frasi del cazzo travestite da
consigli.- guardò Nico che intanto la stava fissando con gli
occhi spalancati e continuò - Vuoi ridere? Ti dico il titolo della
tesi di laurea di mia sorella, la tesi che sta scrivendo:
l’omosessualità latente nel rapporto di amicizia tra Starsky
& Hutch. Ti sembra normale ?
-
Non li conosco- rispose Nico.
-
Niente sono i protagonisti di un vecchio telefilm, due poliziotti,
appeno uno guardava una donna, l’altro gli metteva il muso.
Ma niente, se non li conosci...
Ci
furono due minuti di silenzio, poi Nico disse a bassa voce: -
Spero che tu possa prendere questo lavoro. - Diventò rosso- Sarebbe
un bel cambiamento, un’avventura ...nuova.
La
porta si aprì, uscì un uomo basso e largo, Daniela
si alzò si guardò intorno titubante e poi entrò nella sala
dei colloqui . Dopo un quarto d'ora uscì, fece
segno con gli occhi a Nico che poteva entrare.
-
Come è andata?- chiese Nico
-
Bene, abbastanza .
-
Magari ci si vede sulla nave.
Daniela,
stupita disse: - Nave?
Ma
intanto Nico era entrato
Si
trovò di fronte un tavolo con dietro due persone, un
uomo e una donna, si accomodò sulla sedia chiedendo il
permesso.
La
donna gli chiese le generalità. L’uomo aveva il viso quadrato e la
fronte spaziosa, i capelli erano neri e ricci, gli occhi, la
bocca e il naso erano racchiusi nel centro del viso in tre centimetri
quadrati. Prese la parola dopo aver bevuto un sorso d’acqua.
-
Allora hai esperienza di vendita, perchè vuoi diventare un venditore
cosa ti piace di questo mestiere ?
-
Mi scusi non si tratta di fare il ...il... di cameriere ?
-
L’uomo quasi bisbigliando rispose -: Cameriere cosa
vuol dire cameriere !
.-
Ma non è il colloquio per diventare cameriere su di una nave da
crociera ?
-
Ma no, ha sbagliato.
L’uomo
prese i fogli che coprivano il tavolo, fece un cenno alla donna
e uscì senza salutare.
Nico
rimase qualche secondo seduto, e poi uscì anche lui; nella
sala d’aspetto c’era ancora seduta la ragazza,
Allora
come è andata ? - gli chiese
Nico
si sedette vicino a lei.
Ho
sbagliato colloquio, mi sa che il mio colloquio è domani infatti
mi sembrava di non avere sbagliato orario, l’orario era giusto, ho
sbagliato la data, mi era venuto un dubbio sulla data. - alzò
le spalle.
-
Come mai ti sei fermata ?
-
Aspetto una persona, deve venire a prendermi, e poi volevo
sapere com’era andata.
Tu
piuttosto dimmi - chiese Nico - cosa ti hanno detto?
-
Non lo so , spero bene, anche se ero troppo agitata, ero
un po’ in ansia. Ogni tanto mi mancava il respiro, è un
periodo così, mi capita ogni tanto e non è solo per la storia
del lavoro che ho perso.- Nico ascoltò attento, guardando Daniela
negli occhi. - Non mi manca niente, sono io che mi faccio un
sacco di menate. Cazzo ! Dovrei smontare i pezzi del mio
carattere, pulirli e poi rimontarli. Scusa pensi che io
sia una pazza vero ?
Nico
le rispose guardando per terra.
-
Mi piace dare un titolo alle storie che le persone mi raccontano e
per la tua storia mi è venuto subito spontaneo “un esercizio per
il cuore”.
Daniele
sorrise. Nico intuì chiaramente la radice di quel sorriso. Era
un misto tra stupore, tenerezza e presa per il culo. Le sue frasi,
fuori moda, risultavano quasi sempre difficili da comprendere, gli
capitava spesso di essere guardato in quel modo. Un esercizio per il
cuore , sembrava una frase scritta sul un biglietto di un
cioccolatino, lo sapeva.
Sì
..sì ...un esercizio- disse lei - però è una vita che mi sto
esercitando ! E non è bello,.- forse il titolo migliore
sarebbe, alla ricerca della Daniela perduta!. Oggi ho la giornata
libera, vado al parco a leggere, e non penso al lavoro, non
penso a niente. Questo week end vado al mare , speriamo che il tempo
sia bello, ho visto le previsioni e sembra di no; speriamo, spesso
sbagliano , adesso è solo martedì. - rispose ad un messaggio.
-
Si spesso sbagliano le previsioni, - disse Nico - Intendevo un
esercizio perchè quando uno ha una delusione dovrebbe cercare di
capire da dove veniva la sua ...la sua ...illusione, che cosa cerca
nelle persone.
Daniela
mise le mani tra i capelli
-Semplice
credo nell’amicizia, che dici, sono un’illusa? Per me un’amica
deve essere sincera, ascoltarti, non deve giudicarti, essere disposta
ad accoglierti quando hai bisogno; con una amica non dovresti mai
sentirti in imbarazzo quando stai in silenzio oppure dici
delle cazzate.
Nico
non la guardò, sembrava non l’avesse nemmeno ascoltata e non vide
l’espressione perplessa di Daniela.
Controllò
se ci fossero ancora le chiavi di casa nella tasca destra.
Daniela
prese il suo I Phone e lesse una frase. Era una riflessione
sull’importanza di essere se stessi, seguire l’istinto, le
proprie emozioni, non farsi condizionare da nessuno e circondarsi
solo di persone che ti fanno sentire libero di dire e fare
quello che vuoi.
Vedi-
disse la ragazza- questo l’ha scritto una mia amica su facebook,
leggila, - gli passò l'I Phone - bisognerebbe trovare la forza di
vivere con questo spirito tutti i giorni, ma non è per
niente semplice.
A
Nico venne in mente una discussione fatta con il suo insegnante di
italiano al Liceo. Aveva preso un cinque in un tema; il prof
gli aveva detto che era scritto bene, ma non aveva messo niente di se
stesso. Si ricordava perfettamente tutto, era un tema sulla
fuga di Renzo da Milano dopo l’assalto ai forni; non
aveva fatto nessun errore di ortografia o di grammatica, era stato
bravo, aveva descritto benissimo il paesaggio come gli
aveva chiesto il professore. Si era perfino ricordato dei passaggi
precisi del libro a memoria e non gli capitava spesso; ma non era
bastato, il prof era partito con una concione sul fatto che lui
non voleva mostrare il “suo animo, le sue idee e le sue
aspirazioni”. Gli aveva ripetuto dieci volte “ bisogna essere se
stessi, aprirsi”. Lui ad un certo punto era esploso e gli
aveva detto che il mostro di Rostov era se stesso solo
quando uccideva, aveva ammazzato più di cinquanta persone e se non
l’avessero preso avrebbe continuato all’infinito, e che non è
importante essere se stessi ma provare a capire come stare al
mondo nonostante tutto quello che si ha dentro. Tutta la classe
si era zittita di colpo, anche l’insegnante era stato
in silenzio per un minuto bello tondo, lui stesso si era sorpreso per
quello che aveva detto; una volta uscite dalla sua bocca quelle
parole non gli sembrava nemmeno che gli appartenessero.
Comunque quello sfogo, stranamente, aveva avuto un effetto positivo,
il professore da quel giorno lo aveva trattato come un “ragazzo da
salvare”, e gli aveva alzato i voti . Chissà perchè aveva dovuto
scomodare uno dei peggiori assassini per perorare la sua causa,
per dire al suo professore che si era impegnato e aveva studiato, se
lo chiese più volte e ogni volta si era dato un risposta diversa.
Forse semplicemente voleva spiegargli che era difficile
per lui fare un lavoro di introspezione parlando di Renzo
che dorme sulle sponde dell’Adda.
Nico
non raccontò niente di quello che stava pensando a Daniela, sussurrò
un “non è semplice è vero”
Intanto
dalla porta entro una ragazza con i capelli biondi quasi bianchi, il
trucco pesante, stivali bianchi, vestito bianco plastificato con una
scollatura profonda su di un seno enorme.
Daniela
la guardò, senza riuscire a trattenere un’espressione di disgusto.
Poi riprese il discorso con Nico.
-
L’altro giorno su facebook una mia amica per consolarmi mi ha
scritto che “ c’è tanto fumo dove c’è tanto fuoco”. Spero
sia così,- sorrise- io ho la testa piena di fumo. Tu mi
sembri molto tranquillo, invidio le persone tranquille. Si nasce
vero? O forse meglio sono i primi anni di vita a decidere il tuo
futuro, l’ho letto in un articolo sul sito di “ Repubblica”.
Pensa se quando sei neonato ti lasciano a piangere per
ore dentro un pannolino sporco ! O se tua madre ti lascia nel letto e
non capisce che hai mal di pancia, o semplicemente se non vieni
guardato con affetto. Comunque tu hai un’espressione bella
pacifica, mi sbaglio ?
Si
aprì di nuovo la porta ed entrò una ragazza con dei jeans
talmente attillati che sembravo tatuati sulle gambe, una maglietta
bianca, i capelli neri. Aveva i tratti da slava.
Nico
pensò ad una risposta per Daniela. Raccontare di sè, per lui non
era facile. Ogni volta che lo faceva gli rimaneva dentro una
sensazione di fastidio, una specie di ronzio irritante. Raccontava,
diceva, spiegava, era da qualche tempo che aveva trovato un filo
logico, un modo per dire di sè alle persone che gli stavano
vicino, aveva costruito con pazienza un piccolo castello di
pensieri ed emozioni, ma alla fine sentiva, sempre, quel ronzio
crescere; sentiva che quello che diceva era una forzatura
una specie di inganno, un inganno piacevole, per accontentare se
stesso e chi lo ascoltava. C’era uno spazio tra le sue parole
e quello che provava, e viveva; chiaro non era di certo l’unica
persona al mondo a rendersi conto che non si è mai in
grado di raccontare fino in fondo di se stessi, ma la cosa che
lo spaventava, o meglio, lo spiazzava , era come riuscisse a cogliere
così lucidamente quello spazio. L’’unico modo per fermare
quel ronzio era scappare, non fermarsi mai, non essere
riconosciuto, inquadrato, catalogato, da nessuno. Immaginare un
luogo dove avrebbe potuto accordare la sua anima con la vita,
senza quel ronzio fastidioso. Sapeva che era un pensiero semplice,
forse anche banale, lo sapeva, ma era così. Non riusciva a pensare a
niente di più nobile da fare, da progettare, niente di più,
eclatante, coraggioso; gli sarebbe bastato sentire di
essere in armonia con quello che gli stava intorno. Semplice
armonia nulla di più , se lo ripeteva spesso. E sapeva anche che
scappare da tutto e da tutti non sarebbe servito a niente.
Non
sono così tranquillo,- disse- sembro tranquillo, ma non
lo sono, assolutamente.
Si
girò verso la porta, era appena entrata una ragazza con una
maglia trasparente senza reggiseno; aveva il faccino pulito
sembrava Santa Maria Goretti vestita da pornostar. Entrarono altre
cinque ragazze , una dietro l’altra, la sala si stava riempiendo.
Daniela si mise a ridacchiare, guardò Nico e chiese e alla
ragazza con i jeans: - Scusa ma c’è un colloquio per un
lavoro?
Sì
- rispose, con un accento slavo - per sexy barista ?
Cosa
sarebbe ?
Bisogna
fare la barista , in topless.
Daniela
guardò Nico e lui sgranò gli occhi.
Mi
sa che qui non ti prendono di sicuro- disse lei.- ma sai che ti
dico, chi se ne frega io rimango, pagheranno bene, un sacco di
soldi.- Prese il cellulare - Scrivo a mia sorella di non venire
a prendermi ; mi faccio sempre un sacco di menate, mi sa che pagano
bene, che dici?. Basta che non sia qui a Milano.
Daniela
si rivolse ancora alla slava.
Dove
sarebbe questo bar ?
-
A Milano Marittima, il lavoro è per luglio e agosto ?
-
E quanto pagano ?
-
Duemila euro al mese e si lavora il venerdì sabato e domenica.
Daniela
ringraziò la ragazza e poi si rivolse a Nico
-
Figata ! Luglio e agosto sarebbe perfetto, così mi faccio le vacanze
e me ne vado fuori dalle scatole per due mesi.
Nico
non aveva notato che Daniela sotto il tailleur aveva un seno
grande e fatto bene. Ora lo stava guardando.
-
Il vestito del tipo “segretaria sexy” mi può aiutare che dici,
sto bene? ! - Si mise a ridere.
Nico
guardò l’orologio, Daniela intuì il suo imbarazzo.
-
Non farti problemi perchè sei l’unico maschio,- abbassò la
voce- ci sta, può essere che sei un mio amico e mi hai
accompagnato, non sarebbe strano. Scusami se continuo a parlare, ma
tu che scuola hai fatto?
-
Liceo scientifico.
-
E quando sei uscito ?
-
L’anno scorso.
-
No niente, ti ho scambiato per un altro, mi sembravi un tipo che
avevo visto al linguistico, io ho fatto il linguistico, il Manzoni,
sono uscita tre anni fa, però.
Nico
guardava la ragazza con la maglia trasparente, lo faceva cercando di
non farsi vedere. La slava masticava rumorosamente un chewingum, la
bionda messaggiava con il cellulare; quella con la maglia non
guardava niente sembrava una santa in meditazione..
Daniela
rispose al cellulare, poi scrisse un messaggio, e ne lesse un altro e
mentre lo leggeva le si accese una luce negli occhi. Ripose il
cellulare nella borsa.
-
Sei su facebook ? - Chiese a Nico.
-
No c’ero ma mi sono tolto, ti sembrerò strano vero ?
-
Un po’. Ci sono tutti.
-
Hai ragione, ma preferisco guardare in faccia alle persone
quando parlo, riesco meglio a dire; quando scrivo non riesco ad
immaginare la loro reazione.
-
Mi sa che anche tu ti fai qualche menata di troppo. Scusami se sono
sincera, ma io sono fatta così, dico quello che penso e non
parlo mai alle spalle delle persone.
Nico
non le disse che il motivo principale per il quale aveva mollato
facebook era stato leggere in continuazione post
del tipo di quello che lei gli aveva fatto vedere riguardo ad
essere se stessi. L’unica cosa che gli mancava erano le frasi della
sua professoressa di filosofia. Dopo la scuola non l’aveva più
vista e quelle frasi erano un gancio per non perderla del tutto.
L’ultimo anno di scuola aveva perso la voglia di studiare, andava
avanti per inerzia, in classe non seguiva le lezioni pensava
sempre e solo ai fatti suoi; dopo le vacanze di natale
era successo qualcosa di strano. Era stato interrogato in
filosofia e aveva preso quattro, la prof gli aveva chiesto perchè
non avesse studiato, lo aveva fatto sottovoce quasi non ne
avesse il diritto, lui le aveva risposto “ i consigli che mi dà
mia nonna valgono di più di diecimila pagine di tutti quei filosofi
del cavolo”. La prof aveva sorriso e gli aveva risposto
“ bene credo che sia un bell' inizio, quando vuoi ne
parliamo, prima però almeno leggi quello che ti ho dato da
studiare”. Nico era rimasto fulminato dalla serenità della
sua professoressa. Quella donna gli piaceva, da quel
giorno non l’aveva più vista come un’insegnante. Aveva iniziato
ad ascoltarla, a seguire le sue spiegazioni e guardarla negli occhi;
la tristezza di quello sguardo era in contrasto con la tranquillità
che trasmetteva con la sua voce. Poi gli piaceva anche
fisicamente, il viso pulito, gli occhi grandi, i capelli
castani, sempre spettinati, e il corpo asciutto e nervoso. Non
parlava solo di filosofia, faceva lunghe digressioni sulla vita di
tutti i giorni; i suoi compagni non l’ascoltavano intanto sapevano
che era la prof che non bocciava. Nico aveva tenuto
per mesi , fino alla fine dell’anno, una domanda che non le fece
mai “da dove ti viene tutta quella tranquillità ce l’hai
perchè sai cos’è la sofferenza ?”
Ormai
la stanza era piena arrivarono due ragazzi palestrati, uno pieni di
tatuaggi l’altro con i capelli lunghi raccolti in una coda,
salutarono ed entrarono nella sala dei colloqui
Daniela
si slacciò anche il terzo bottone della camicia.
-
Se mi aspetti andiamo a prendere un caffè.
Uscì
il ragazzo con la coda e Daniela entrò nella stanza. Davanti a Nico
c’erano tre ragazze in piedi che non avevano trovato posto, una di
queste lo fissava; aveva gambe lunghe e la gonna sopra il
ginocchio, Nico si alzò e le cedette la sua sedia. Lei lo ringraziò.
Daniela
tornò nella stanza e vide che Nico se ne era andato.
Commenti
Posta un commento